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28 Agosto 2000

Vorrei gridare,
a volte, a squarciagola
e dirti che ti amo,
ma poi mi distraggo
e riesco incredibilmente
a non pensare a te
per migliaia e migliaia
di interminabili 
secondi.

Nella mia testa
sfoglio ogni tanto
il catalogo
di tutti i gesti dolci
che mi hai regalato finora
e lo serbo come la cosa
più preziosa del mondo,
anche se
prende forza ogni tanto
l'antico cinismo
che mi porta a rinnegare
la gioia che ci regaliamo
a vicenda, stando
uno accanto all'altra.

Domani partirò
e non ci vedremo per lungo tempo
e ancora non ho deciso
se cercare ostinatamente
di segregarti nell'oblio
o accettare con gioia
l'inevitabile malessere
che avrò nel saperti
così lontana.

Sapevo che mi piacevi 
ascoltando la felicità
che mi dava
e che mi da
la tua presenza,
ora so che ti amo
ascoltando la tristezza
che mi da
il sol pensiero
della tua assenza.

Ero disilluso e cinico
prima di conoscerti,
forse non mi costerebbe nulla
distruggere
utiliristicamente
il nostro amore
(in fin dei conti 
ancora indifeso come un bambino,
ma come un bambino
ancora fresco
e libero di crescere)
e tornare ai vecchi sentimenti
per non soffrire.

Non ho deciso,
anzi ho deciso
di non decidere
e pararmi dietro
la scusa del tempo
che saprà darmi
consigli migliori.

Non so cosa sarà di noi
quando tornerò
dalla mia lunga assenza
ma sappi solo una cosa:
che in ogni modo
adesso ho solo una certezza
e quella certezza è che
ti amo,
e ne è testimone
l'angoscia che ho nel cuore
al sol pensiero
di non vedere più i tuoi occhi,
di non baciare più le tue labbra.







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